sabato 12 novembre 2011

MORITURI TE SALUTANT

Ospedale Sacco di Milano.
Tra qualche giorno sarò morto.
In ospedale mi hanno promesso tutta la morfina di questo mondo, non soffrirò.
La tragedia però non finisce qui, mi aspettano (se va bene) 9 mesi di inferno in un utero stretto stretto, magari in condivisione con un altro room mate messi a 69.
Speriamo sia femmina almeno.

Edda

AMUCHINA SPRAY

Due cose mancano puntualmente nella salle de bain del loft di Arona: la carta igienica, il sapone, gli asciugamani. Ma la fantasia, quella c’è sempre. Ho fatto la pupù e poi la doccia. Il bruschino era rimasto impregnato di sapone così usciva un po’ di schiuma e la sensazione di essermi lavato era vicina. Per asciugarmi non c’è niente, ma le magliette sporche nel sacco dell’Ikea vanno benissimo. Mi asciugo e annuso la maglietta. Sa di pupù. Vuol dire che il lavacro non è riuscito del tutto. Sono asciutto, non ho voglia di rifare la doccia e la maglietta è fradicia, e soprattutto sul bruschino non è rimasta una goccia di sapone; ma la fantasia, quella c’è sempre: Amuchina superfici spray, disinfettante, sgrassante attivo, elimina il 99,999% di batteri. (mumble, mumble) il mio culo è un batterio unico, il profumo sembra buono, PROVIAMOLO. Una bella spruzzata nel sedere, acqua, risciacquo e voilà. Abbastanza soddisfatto leggo le avvertenze, c’è scritto: prodotto irritante, con un bella croce nera su sfondo arancione. Devo avere le chiappe d’amianto, infatti non sento niente a parte una sensazione di frescolino e un buon profumo di mughetto. LO CONSIGLIO.

Edda

L'EREDE

Mio padre è ricchissimo e mi ha lasciato……
………un loft ad Arona vista lago.
L’unica cosa è che il water non funziona e ci devo versare litri di coca per far scomparire le deiezioni.
Mia madre è bellissima, due paia di minne che me le sogno e mi ha lasciato questo naso che sembro una scimmia trombetta.
Da parte di madre ho preso anche la propensione alla troiaggine e una profonda spiritualità d’animo.
Da parte di padre la FEDE interista.

Edda

IF

Se muoio rinasco
Se rinasco mi tocca vivere
Se vivo prima o poi mi ammalo
Di sicuro invecchio
Per questo ODIO I VIVI, perché muoiono

Edda

FARFALLINO CANE SOPRAFFINO

(Un racconto breve di Edda)

La prima volta che giunsi al kinder heim di Villa Dosia come benvenuto mi fu effettuata una perquisizione ai bagagli. Tutto ciò che trovarono furono quattro microclisteri che passarono inosservati.
Mi ero dipinto sulla pancia una enorme stella di David e giravo per l’orto sollevando la maglietta.
Mi venne subito riconosciuta una personalità molto sensibile e per questo mi proposero di badare ai cani. La muta era così composta: al volante il cane Lillo, la madre non pervenuta e 5 cucciolotti di vario colore. Un giorno dovemmo affrontare la questione riguardante il destino di questi 5 orfanelli. Come prima soluzione si pensò di metterli in un sacco e buttarli nel fiume, ma non trattandosi di gatti questo non era possibile. Allora Antonio prese tutta la cucciolanza, la mise in una scatola e disse “Vieni con me”.
Passammo in rassegna le ville più belle della zona e per ogni giardino ci buttammo dentro un cane. Mi disse “Questi sono ricchi, qui il cane si troverà bene”. Alla fine ne rimase uno che volli tenere con me anche perché era l’unico a cui avevo dato un nome: Farfallino.
Purtroppo una polpetta avvelenata pose fine alla vita dello sventurato cucciolotto. Tentammo il tutto per tutto portandolo da un veterinario, ma era troppo tardi. Così lo riportai indietro e vidi Gerri piangere, non pensavo che gli operatori piangessero. Ho seppellito la povera bestia nel giardino, dentro un sacchetto. E pensai a Puntino, il mio gatto, che aveva preso l’AIDS dei gatti ed era morto. E pensai a Sita, il mio cane, che l’avevo abbandonata alla mia ragazza e pensai che era meglio non avere più animali da quel giorno in poi.

venerdì 11 novembre 2011

DOWN AL 100%

Abbiamo fatto le analisi, non ci sono dubbi: la bambina sarà down! Al 100%.
Adesso ci vuole un bel nome diminutivo affinché non si monti la testa e rimanga skiscia. Ti chiamerò Ginetta Enrichetta Topoletta.
Diventare padre mi rende tronfio di orgoglio, non vedo l'ora di leggerle la biografia di Jimi Hendrix. Deve ricevere un'educazione Vaisnava, quindi va sottratta all'influenza iconoclasta di T. e soprattutto niente scuola che me la rovinano, per loro sarebbe solo una bambina down. Per me sei tutto.

Edda

LA GRAVIDA

(Racconto breve di Edda)


Sono incinta!
Di chi?
Di te stronzo!
... ad ogni modo PUTTANA
______________________________

Tania aspetta un figlio, per lei è il terzo per me il primo.
Non lo voglio
Che fare?
(mumble mumble)
Con i cani è stato facile un giardino e via. (vedi Farfallino cane sopraffino)
Con i gatti basta un sacco.
Di aborto non se ne parla, col karma di merda che ho non è il caso di scherzare.
(mumble muble)... la faccio partorire e poi lascio l'infante in ospedale. Un neonato si adotta subito.
Ma se è down? Lo tengo lo tengo lo tengo. Ho sempre voluto avere un figlio a mia immagine e somiglianza.

TO BE CONTINUED...

martedì 1 novembre 2011

UN CAFFE’ PER LO SCOIATTOLO

Racconto breve di Edda

Chi è Tania? L’ho incontrata ad un concerto. Indossava un cappotto arancione e così quando è venuta a salutarmi mi sono ricordato che lei era quella con il cappotto arancione. Prima del concerto stavo sulle scale con Andrea e gli ho detto “Guarda che bella quella ragazza”, ma lui non disse nulla. Adesso lei era lì che voleva fare una foto con me, io pensai “Ma questa è proprio deficiente!!!”… e non voleva fare la foto lì davanti a tutti. Poi mi disse “Ma voi tornate stasera?” e io pensai “Ma questa è proprio zoccola!!!”. Permeato dalla mia ingenuità cercai di spiegarle che per non so quale ragione bisognava partire subito. Lei allora mi diede, anzi no, mi desse un biglietto da visita che conservai. Volevo rimanere fedele per la prima volta nella mia vita. E così disdegnai la sua offerta virginale. Il giorno dopo però nel più profondo squallore di una mattina fredda e buia prima di iniziare il duro turno di servitù quotidiana le telefonai per un appuntamento. 
Oggi Tania mi fa da badante in attesa della mia cremazione.

TENTATIVO DI EVASIONE N° 1

(Un racconto breve di Edda)

Milano, marzo 1987

Mi trovavo ospite dell’ospedale militare di Baggio. Erano le Idi di marzo. Stavo viaggiando in metropolitana vestito da Hare Krishna. Avevo un tormento nel cuore: come evitare i restanti 2 mesi di servizio militare nell’arma dei Carabinieri? A dir la verità i primi a volere la mia cessazione dal servizio erano stati proprio i CC sottoponendomi ad un test antidroga senza l’adeguato preavviso. Purtroppo, data la scarsità di denari, in quella particolare contingenza ero risultato pulito come un giglio e quindi del tutto idoneo. Come ultima risorsa mi ero quindi agghindato da devoto di Krishna e speravo in un colpo di genio. Scesi ad Inganni e mi presentai all’entrata. Appena mi videro chiesero il tesserino militare: da questo risultava che il soggetto era un carabiniere ausiliario anche se dal vestito non si sarebbe detto. Mi fecero una semplice domanda “Come ti chiami?” io risposi “Stefano Rampoldi” e scoppiai a piangere. La guardia chiamò l’ufficiale di picchetto dicendogli “Qui c’è uno vestito con una tovaglia arancione tutto pelato con un tesserino da carabiniere”. L’ufficiale guardò il documento e dopo un breve conciliabolo mi disse di seguire le guardie. Gentilmente mi scortarono al reparto neurodeliri e uno di loro si rivolse a me dicendo “Non piangere, in fondo Stefano non è un brutto nome”. Per tutta la notte una guardia rimase a vigilare su di me. Il giorno dopo, fresco di un riposo ristoratore chiamai una mia amica che mi avrebbe portato un po’ di eroina. Il piano escogitato nei minimi particolari risultò perfetto. Ero nei bagni dell’ospedale con questa siringa carica di bombardone, ma a causa dello stress di quei giorni con una mossa d’imperizia feci cadere l’ago nello scarico del lavandino. Non potevo crederci. Rischiavo di fare 4 mesi di rigore in una caserma di fanteria se non trovavo il modo di provare la mia presunta tossicodipendenza. Fu in quel mentre che dal cesso vicino al mio uscì un altro piscione con un bicchierino pieno di urina. Lo guardai e non ebbi dubbi. Questo è un drogato vero. Lui andò a posare il recipiente in infermeria e io di soppiatto travasai un po’ del suo piscio nel mio bicchierino. Fu così che all’indomani il 7 aprile 1987 mi rispedirono a casa con il congedo assoluto che riportava la seguente dicitura: SI RILASCIA CONGEDO ASSOLUTO AL SOLDATO RAMPOLDI STEFANO IN QUANTO PERSONALITA’ PSICOLABILE E DESTRUTTURATA. ANCHE IN CASO DI ATTACCO ATOMICO E’ MEGLIO LASCIARLO A CASA.

DISFORIA POST-COITALE

(Un racconto breve di Edda)

Cosa provano gli umani dopo aver fatto l’amore? Non lo so.
Mi ricordo un’estate a Montesilvano dove fui oggetto di un atto di pedofilia ai miei danni. Il maestro di tuffi, uno splendido esemplare di atleta svedese con due figli piccoli e una moglie, mi aveva portato nella sua stanza e qui fece di me la sua vittima. Da quel giorno rimasi un po’ turbato e mi domandavo se sarei mai più riuscito a masturbarmi. Così passarono gli anni e un giorno in un centro sociale del CAF feci per la prima volta l’amore. In concomitanza presi anche un acido e così tutto quello che ricordo è un manifesto di Charlot che camminava sul muro. Ma a parte questo, la sensazione che sempre provo dopo un accoppiamento è il disgusto. Odio la persona che mi sta vicino, vorrei scomparisse in un attimo, non prima però di averle assestato una sonora bastonata sul groppone. Mi alzo dal letto come una molla e mi allontano bestemmiando. Tutto ciò non mi ha impedito di diventare un amorevole partner anche se preferisco stare da solo.

PEPPINO MI E’ PADRE A ME

Dal best seller “TRANCHES DE VIE” il racconto breve “PEPPINO MI E’ PADRE A ME” di Edda

Correva il tempo del secondo governo Tambroni e io seduto sul seggio elettorale pensavo a quanti fans mi erano rimasti. Forse tre o quattro. Così mi venne spontaneo pensare a Paola. Perché mi ha lasciato? Avevo appena finito un anno di kinder heim a Villa Dosia insieme ad altri tagliagole della peggior specie. Mi ero rimesso a nuovo e Paola mi aspettava per riprendere lì da dove avevamo terminato. Per darmi un tono facevo lo scaffalista alla GS e quindi avevo anche una certa capacità finanziaria a mia disposizione. Forte di tutto ciò mi presentai a lei con in mano un panettone Galup. Paola mi fece entrare nel suo loft milanese nel cuore dei navigli vicino al SERT dove io per anni passeggiando in ciabatte davo consigli ai residenti. Lei mi guardò e disse “Adesso voglio un figlio” io la guardai e dissi “Adesso me ne vado”. Mentre scendevo a balzi le scale Paola mi faceva gentilmente notare che così le impedivo di realizzarsi come donna. E ancora adesso mi chiedo che cosa volesse dire con quella frase, probabilmente una richiesta di denaro un po’ camuffata. Ma sarà mai possibile che dopo 6 anni di onorata tossicodipendenza sta cogliona ti chieda di fare un figlio? Comunque questa storia mi ha lasciato un segno profondo nell’anima. E tutte le volte che vedo dei papà ai giardini che giocano con i loro figli penso “Perché smettere di drogarsi? Avevo più dignità io di questi padri pedagoghi che trasmettono ai loro prodromi tutta la loro esperienza”. Mi sono così ritirato ad Arona sul lago in quest’inverno dove la guerra è alle porte e il nemico ci ascolta. Ho così concepito un’opera musicale rubando le canzoni a Walter già sfollato in Valtellina per raccontare a tutti le profondità della mia psiche.

TI SALGO A BUGGIULUCCO

(Racconto breve di Edda)

Tutte le mattine mi alzavo alle 4,30 per essere presente alle 5 in viale Certosa, dove avviene il solito cambio della guardia. Tutti i trans tornano a casa dalle loro famiglie per preparare la colazione ai loro bambini. E’ in quel momento che il cacciatore che c’è in me attende le sue prede. Mi trovavo nel bel mezzo della strada alla guida della mia sportivissima berlina, un catorcio di rara bruttezza, quando all’orizzonte si staglia una figura di bipede con uno stacco di coscia di almeno un metro e 50 completamente nudo a parte un filo di mutanda che faceva da spartiacque in mezzo a quel culo fantastico. Mi sono subito adoperato a chiedere se la donzella necessitava di qualcosa e il donzello affacciatosi al mio finestrino mi apparve di dimensioni ragguardevoli e anche minacciose. Fu così pattuito un innocente passaggio al prossimo incrocio. Ma in men che non si dica il bruto mi afferra con maschia decisione alla gola e mi dice “Dammi i soldi”. Allora cominciai a pensare: ho già speso 20 euro di benzina, devo pagare l’autostrada e sono altri 5 euro, poi di sicuro vorrò fare colazione e se sto skiscio mi partono altri 5 euro. Mentre facevo di conto il brasiliano mi strattonava per la collottola e mi rendeva edotto che nella borsa aveva un coltello. “Un attimo” faccio io “sto pensando…eravamo arrivati alla colazione, ora consideriamo il pranzo che come minimo visto l’andazzo della giornata dovrà essere almeno un po’ consolatorio quindi non meno di 12 – 13 euro. Ora sommando il tutto sono quasi 50 euro di spesa preventivata alle 5 del mattino, con i vari imprevisti potremmo arrivare a 60.” A questo punto pensai: ma perché devo andare a lavorare, se restavo a dormire non spendevo tutti sti soldi, non rischiavo la colluttazione con questo obbrobrio, ecc. ecc. Insomma per farla breve o la mettevo sul piano fisico per liberarmi da quella minaccia popputa o che altro fare? Iniziai così a starnazzare a volume altissimo il grido di AIUTO AIUTO. E il trans preso alla sprovvista da cotanto coraggio mollò la presa e se ne andò. Anche perché gli avevo dato 20 euro per ammansirlo. Così alla fine siamo arrivati a 80. Un vero affare. Ma quello che brucia di più è il disappointment di non essere riuscito a creare un’amicizia con un altro essere umano.

L’ORSO CICCIONE

(Racconto breve di Edda)

Sta per uscire un nuovo disco, senza una canzone formidabile, “L’orso ciccione”. Anche se Taketo e compagnia bella sono dei geni pur tuttavia è sfuggita loro la bellezza di questa mia composizione. Giuro che se mai farò ancora dei concerti l’inno di battaglia sarà Lui. E se non bastasse ci sono altre due perle, “Angioletto mio” e “Tutte le puttane di questo paese mi ricordano mia madre” che non sono riuscite ad entrare nel disco; per non parlare di “Piccole isole”. Ora mi chiedo: ma perché non mi rendo conto dei capolavori che scrivo? E poi mi lamento perché devo attingere dai pezzi di quello scribacchino che è sempre in valle di Walter. Lui che è l’unico uomo che conosco che è fuggito da Torino proprio adesso che questa città è diventata bella. Insomma ricordare le canzoni che sono sul disco è già un’opera improba, ma almeno sono lì. Per questi quattro orfanelli dovrò trovare un modo per non abbandonarli nella solitudine della mia memoria.

Firmato Albino Mussolino Fronte occidentale Albania

BOYS BOYS BOYS I’M LOOKING FOR A GOOD TIME…

(Racconto breve di Edda)

Sono nata a Bibbiena e quando avevo 14 anni avevo solo due desideri: 1° morire di anoressia, 2° comprarmi il cappellino nero con la scritta bianca BOY. Ho fatto la cresta su tutti i resti della spesa. Non ho mangiato gelati per sei mesi (tanto ero anoressica) così un giorno fu mio. In quel tempo avvenne che mio padre volle andare a Gardaland. Io e la mia amica Maria siamo salite sul torpedone e il DJ autista era un fan di Claudio Villa. Arrivati al parco mi ricordo che dissi “Papà sali sullo Shuttle”. All’apparenza sembrava un pendolo innocuo che dondolava dolcemente,ma io sapevo che era debole di cuore e ci puntai tutto. Il primo giro della morte avvenne a velocità MACH 2 e fu tutto un crescendo che ci portò oltre il muro del suono, ma papà sopravvisse. Allora non rimaneva che andare a vedere l’attrazione principale: la foca dentro il girello. Mi sono seduta sugli spalti e ho visto lo spettacolo, poi siamo ripartiti. A un certo punto mi sono ricordata del mio cappellino. Da quel giorno a Gardaland c’è una foca che va in giro con BOY sulla testa.

LE MINNE DI TANIA

(Racconto breve di Edda)

Sono da solo nel bagno, a cavalcioni del water, una posizione insolita per minzionare o altro, ma questo non è l’obiettivo primario. Mi sto accingendo a un po’ di trastullo.
Ohibò. Serve un’idea maginifica per il mio alberello spento. La visione che ebbi in quel momento fu questa:
Due prugne sicche sicche.
Tenute in mano da due manine sicche sicche lunghe lunghe.
Le stringo e sono flosce come delle mozzarelle che sguizzano via. Nell’estasi amorosa sono solito apostrofarle dicendo “Che grosse poppe che hai”
Ma è una triste menzogna, me ne rendo conto adesso.

SESSO A MERENDA

(Racconto breve di Edda)

Vivevamo tutti felici in quel di Albizzate, io, te e i miei racconti.
Una sera si volle andare a far visita al conte Rabufetti Giovanni 2° che era solito aprirci la sua casa in concomitanza della trasmissione Il Grande Fratello, e insieme avremmo passato un’amena serata .
Non so perché ma spinto da uno strano senso di colpa volli raggiungere in chat Anna. Forse per via di tutta quella promiscuità televisiva mi sembrò di avere qualcosa da dire. Non dissi nulla, mi limitai a guardare la sua fotografia nel riquadro e feci un commento che ora non ricordo.
Te ne andasti.
Allora mi accomiatai dal conte e tornai nei miei appartamenti. Mi sei venuta incontro a braccia aperte e una volta a portata di mano mi hai sferrato una tremenda ginocchiata a mo’ di mulo negli zebedei.

La serata finì lì.

PERCHE' MI DROGAI?

non seppi mai
ma lo facessi sempre

Edda

SO SCIARE A BABBO MAIALE

(Racconto breve di Edda)

Eravamo io, Mauro, Jean-François e Faïna a Firenze. Mi ha appena telefonato il babbo per dirmi che dalla scintigrafia ossea risultava che la mamma aveva metastasi dappertutto.
Sono uscita dal bagno piangendo, Jean-François mi ha visto e mi ha chiesto cosa era successo.
Dal quel giorno in poi lui ha sempre voluto avere notizie a riguardo. Dopo diversi mesi ci siamo rivisti a Bruxelles e mi chiese come stava la mamma. Io gli dissi che era morta da 4 settimane. Mi abbracciò forte come se volesse ridarmi l’amore che mi era mancato.
Dopo un paio di mesi ho ricevuto un’e-mail dalla sua segretaria che mi diceva che avevano diagnosticato a Jean-François un tumore ai polmoni. L’hanno operato subito e sottoposto a chemio, ma a luglio è morto.

- Ma allora porti sfiga! - disse Edda